Asprenas 2018 – 1/2

EDITORIALE

Le poche righe a introduzione di questo fascicolo doppio della rivista espressa dalla Sezione S. Tommaso d’Aquino rappresentano per me un saluto affettuoso che rivolgo ai nostri lettori, i quali ci onorano dell’attenzione e della pazienza richiesta da chi, con fatica, tenta di offrire frutti succosi della ricerca teologica. Parimenti, esterno ai nostri autori il mio sentimento di riconoscenza per il loro prezioso lavoro: un contributo di competenza e di sforzo intellettuale.
Il numero che ci apprestiamo a presentare si compone di quattro studi, due note critiche e una rassegna. Iniziamo il percorso di presentazione dal tema della missione, trattato da Antonio Landi nel contributo dal titolo Da Gerusalemme ai confini della terra (At 1,8). I destinatari della missione cristiana negli Atti degli Apostoli. Le parole di Gesù in At 1,8, poco prima di ascendere al cielo, costituiscono parte della risposta al quesito sul tempo della ricostituzione del regno d’Israele. Il Risorto, però, invita i suoi discepoli a non attardarsi su tali argomenti, che sono di pertinenza del Padre, bensì a concentrarsi sugli eventi che li vedranno protagonisti: con la discesa dello Spirito su di loro, tale da trasformarli in suoi “testimoni” da Gerusalemme, passando per la Galilea e la Samaria, fino ai confini della terra. Infatti, la narrazione degli Atti concentra la sua attenzione sulla comunità intenta a portare l’annuncio del Vangelo ai giudei, aprendo gradualmente le porte ai samaritani e iniziando a rivolgersi alle “genti”, prima timidamente, a persone singole come l’eunuco etiope (cf. At 8,26-39) e il centurione Cornelio con la sua famiglia (cf. At 10), poi in maniera sempre più decisa con i viaggi missionari di Paolo di Tarso. Si ricava la consapevolezza che l’autore degli Atti non voglia affatto, come conclude Landi, delineare un profilo missionario che segni la preferenza per le genti a scapito del giudaismo, bensì un programma di integrazione, in cui, da una parte i giudei riscontrino il compimento delle promesse contenute nelle Scritture e, dall’altra, i gentili una risposta alla loro domanda religiosa.
L’annuncio cristiano, per il quale in questi due millenni, tanti si sono impegnati con sacrificio e, talvolta, a costo della vita, ha davvero finito la sua “corsa”? È il problema a cui tenta di offrire una risposta il volume di Luca Diotallevi, professore di Sociologia all’Università Roma Tre, del quale Edoardo Scognamiglio propone una lettura critica nell’ampia nota Fine corsa? La crisi del cristianesimo confessionale. Riflessioni in margine a un recente saggio di sociologia. In realtà, come emerge dalla ricerca del sociologo, non è l’annuncio del Vangelo a essere penalizzato nel contesto attuale, bensì le forme confessionali del cristianesimo, che risultano in crisi ed emarginate dalla realtà. Stiamo vivendo un passaggio nel quale «lo sguardo nuovo e ultimo del cristianesimo, dopo la fine della corsa della religione confessionalizzata, dovrà essere sempre più mistico, ossia escatologico, aperto alla speranza, capace cioè di creare nuovi stili di annuncio e nuove forme aggreganti negli spazi urbani che hanno bisogno di umanizzazione» (p. 124).
Tale “sguardo nuovo e ultimo” del cristianesimo impone di guardare in direzioni finora ancora troppo poco frequentate. Ci riferiamo alla via pulchritudinis e al dialogo con la scienza. Quanto all’ambito della bellezza, offriamo ai lettori due studi. Nel primo, Lettura spirituale dell’icona della Trinità di Andrej Rublev, di Luciana Siotto, si delinea in chiave storico-critica, teologica e simbolica questa celeberrima icona, da contemplare non solo come frutto di un artista di livello altissimo, ma soprattutto di un mistico quale era Rublev, sulla scia di tutta la tradizione orientale. Il fascino delle icone, dunque, partendo dal fattore estetico, è in grado di accendere in tanti il desiderio di avvicinarsi all’interiorità, a una fede più profonda, a un approccio alla Scrittura e al suo mondo simbolico, illuminando la propria vita e insegnandole a scoprire dimensioni solitamente trascurate da chi è abituato a guardare l’aspetto superficiale della realtà. Nel secondo saggio, La Divina Commedia come esperienza mistica del Sommo Poeta, di Roberto Tessitore, si esorta a guardare un poema, con il quale la maggioranza degli italiani si è confrontata a scuola, in una maniera senz’altro diversa e suggestiva. La Divina Commedia non è soltanto un’opera d’indiscutibile valore letterario, un capolavoro in cui si fondono tante prospettive, dalla filosofia alla teologia, dalla passione politica ai drammi esistenziali, ma anche un invito a viaggiare per ritrovare sé stessi e una chiesa che abbia il coraggio di riformarsi, di tornare alla purezza del Vangelo e risorgere con Cristo.
Circa l’altro ambito, il confronto con la scienza, proponiamo uno studio e la rassegna di una giornata di studio. In primo luogo, c’è il puntuale contributo di Pierluigi Cacciapuoti, dal titolo Il peccato originale davanti alla sfida di Darwin. Il tenore dello scrivente è improntato al dialogo sincero con esponenti darwinisti come Richard Dawkins a Christian de Duve, con il quale, senza intaccare il valore dogmatico del peccato originale, si cerca di rilevare che la “caduta” non dev’essere vista nella sua dimensione esclusivamente negativa, bensì anche nella sua potenzialità non ancora del tutto esplorata d’instaurazione di un rapporto nuovo con quel Dio, percepito purtroppo da molti come un giudice inflessibile, un arbitro che ci ha espulsi da una condizione paradisiaca con una sentenza inappellabile. Al contrario, è Dio il primo ad accettare come legittimo il “no” umano e a farlo diventare opportunità di un incontro magnanimo e generoso da parte sua, oltre che riconoscente da parte umana. La rassegna di Michele Giustiniano sulla giornata di studio Testamento biologico e tematiche di fine vita: aspetti etici, psicologici e spirituali, tenutasi lo scorso 15 marzo nel Maschio Angioino a Napoli, organizzata dal Segretariato Attività Ecumeniche, rappresenta un interessante esempio di come, nel mondo delle religioni, ci si pone di fronte a tematiche di notevole impatto sulla vita delle persone, e della maniera con la quale si possono coniugare argomenti scientifici con prospettive etiche.
Un comune denominatore che ci sembra di aver ravvisato in ognuno dei contributi di questo fascicolo crediamo sia l’anelito all’apertura di orizzonti, all’ascolto degli altri e al riflettere con tutta l’onestà intellettuale di cui si è capaci. È questo il pensiero che ci viene trasmesso dall’insegnamento di un interessante filosofo illustrato nella bella nota critica di Gaetano Origo, L’unità di azione e di fatto nel giovane Johann Gottlieb Fichte.
Dando alle stampe questo numero di Asprenas, quindi, siamo convinti di aver contribuito, nel modo che ci è proprio, a rafforzare quella linea secondo la quale la chiesa, appassionatamente, non si stanca di gridare al mondo la “gioia del Vangelo” e si fa incontro all’umanità talvolta smarrita nelle sue difficoltà, ma pur sempre proiettata verso un futuro di speranza. 

Gaetano Di Palma