Campania Sacra Vol. 46-47 2016

EDITORIALE

La Facoltà Teologica di Napoli, e in concreto la Sezione S. Tommaso di Capodimonte, ha voluto dedicare tutto un Convegno a uno dei suoi docenti più prestigiosi, Nicola Ciavolino, e Campania Sacra è ben lieta di accogliere e pubblicarne gli Atti, che ne tramanderanno la memoria. Mi sia permesso anzitutto di addurre su colui intorno al quale si sono avvicendati i vari relatori una testimonianza strettamente personale, essendo stato per anni suo collega di insegnamento per una disciplina affine. Egli ebbe questo ruolo a partire dall’anno accademico 1976/77 che, se per lui era il primo in cui gli toccava, quale assistente di Raffaele Calvino, di insegnare Archeologia cristiana, per me era il settimo nell’insegnamento della Storia moderna e contemporanea. Inutile dire che facemmo subito amicizia, un’amicizia che lasciò in me un ricordo bellissimo. Alludo in particolare al giorno in cui ebbi la possibilità di visitare con lui e alcuni amici tedeschi gli scavi di Oplonti. Gli amici della Germania si erano rivolti a me per conoscere da vicino quegli scavi che proprio allora stavano rivelando le loro ricchezze. Io, che non sono un archeologo e che avevo solo sentito parlare delle scoperte di Oplonti, non trovai di meglio che rivolgermi a don Nicola. Passammo insieme un’intera giornata sul posto. A farci da guida, oltre a lui, fu, lo ricordo bene, lo stesso direttore effettivo dei lavori, altra persona per me straordinaria. Ricordo tra l’altro che, alla fine della lunga e accurata perlustrazione di tutti i siti possibili, ovviamente in primo luogo la villa di Poppea e la ricostruzione dei tronchi degli alberi che al suo tempo l’avevano impreziosita, poco prima dell’uscita dal recinto che attorniava gli scavi, il nostro accompagnatore volle spezzare sotto il nostro naso una pietra azzurra dal fortissimo odore di vino. Io quindi, grazie a Ciavolino, ho avuto la possibilità di sperimentare il forte odore del vino di quasi duemila anni fa, un odore che si avverte, ci assicurò l’accompagnatore, solo in quegli istanti in cui quel vino pietrificato viene “spezzato” dalla mano dell’uomo. Come non ricordare con gratitudine un privilegio del genere? E veniamo agli Atti, che non tocca a me presentare, ma lo fa giustamente il vice preside della Facoltà. A me tocca solo inquadrarli per sommi capi e raccomandarne la lettura. Nicola Ciavolino per gli autori va studiato sotto tre aspetti: il sacerdote, lo studioso e l’archeologo. Per me va bene anche il binomio: l’uomo di Chiesa e l’uomo di scienza. All’uomo di Chiesa sono stati dedicati negli Atti tutti quegli interventi che ne inquadrano la sua umanità e la sua fede operosa, quindi il profilo di Giuseppe FALANGA (indispensabile per dare un volto anche all’uomo di scienza) e le testimonianze di quanti lo ebbero a fianco come docente o guida, in concreto gli attestati di Antonio DDONNA e Pasquale GIUSTINIANI. A essi va assimilato il contributo di Francesco RUSSO sulla biblioteca personale di don Nicola a Torre del Greco, da considerare una specie di “guida cartacea” che egli ha lasciato in eredità a quanti vi avrebbero fatto ricorso. All’uomo di scienza sono invece dedicati i sei studi sui suoi sudori come archeologo. In concreto l’intervento di Fabrizio BISCONTI su quanto Ciavolino ha fatto per le catacombe napoletane nel loro insieme; il corposo studio di Carlo EBANISTA sul contributo del compianto studioso per la conoscenza della Catacomba di San Gennaro a Napoli a partire dagli anni 1971-72, quando don Nicola era ancora agli inizi del suo cammino scientifico; l’indagine di Barbara MAZZEI sulla presa di coscienza e le successive iniziative per la conservazione del fragile patrimonio pittorico delle catacombe napoletane; le sue prime intuizioni sull’arcosolio di Cerula, messe in luce da Matteo BRACONI, che ne illustra anche le successive interpretazioni; infine il contributo del nostro archeologo nella conoscenza della documentazione epigrafica cristiana relativa alla Catacomba di San Gennaro a Napoli da inserire nel prossimo volume delle Inscriptiones christianae Italiae, fornito da Antonio Enrico FELLE, nonché l’interpretazione data da Ciavolino ad alcune iscrizioni della stessa catacomba, delineata da Danilo MAZZOLENI. Si tratta di interventi che si caratterizzano per l’accentuazione di questo o quell’aspetto. In quello di Bisconti abbiamo potuto notare l’intreccio tra l’esperienza archeologica del relatore, quella di Ciavolino e l’ammirazione del primo per la forte umanità di quest’ultimo. In quello di Ebanista colpisce l’impressionante e minuto lavoro di ricostruzione della campagna di scavi del 1971-72. E ciò in base soprattutto agli appunti inediti del barnabita Umberto Maria Fasola, segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, a quelli di Aldo Caserta, ispettore per le Catacombe di Napoli, e a quelli di Nicola Ciavolino, inizialmente (quando era ancora seminarista) in qualità di semplice assistente di Caserta e del vice ispettore Calvino in seguito, alla fine in quella di vice ispettore di quest’ultimo, che nel frattempo aveva preso il posto di Caserta. Una laboriosa incombenza, quella di Ebanista, attestata anche dalle numerose e talora lunghe note, nonché dal ricco apparato illustrativo di cui egli ha corredato il suo contributo. Non ci dilunghiamo sugli altri interventi, anche se non possiamo non sottolineare la poliedricità della relazione di Mazzei sul grosso problema della conservazione dei dipinti catacombali, l’ampia illustrazione della figura di Cerula che Braconi confronta con molti altri casi più o meno analoghi di aree diverse, la necessaria prudenza suggerita da Felle nella datazione delle epigrafi che non tutti gli studiosi mostrano di possedere, le valide precisazioni di Mazzoleni che sottoscrive l’interpretazione data da don Nicola a un testo poetico da lui rinvenuto nel 1992 ma non senza richiamare l’attenzione su alcune varianti accessorie. Inutile aggiungere che i problemi sollevati dalla seconda serie di relazioni risultano del più grande interesse per la storia di Napoli e dell’antichità cristiana in genere, che occorrerà continuare a coltivare con la stessa competenza e lo stesso entusiasmo che hanno avuto il prete-archeologo Nicola Ciavolino e quanti hanno seguito il suo esempio, come dimostrano gli Atti che ci siamo permessi di riassumere.

MICHELE MIELE